Perché si chiamano "gialli"
I "gialli" si chiamano così perché la casa editrice Arnoldo Mondadori, nel 1929, pubblicò una collana di libri polizieschi, creata da Lorenzo Montano, con la copertina di colore giallo. La prima edizione della collana ebbe un notevole successo, tanto che l'anno dopo, nel 1930, Mondadori pubblicò una seconda serie. Da allora, in Italia e solo in Italia, i romanzi polizieschi, noir, le crime story in genere dove c'è un delitto e un investigatore che indaga, sono definiti comunemente "gialli".Il primo 'giallo'
Il primo romanzo 'giallo', capostipite di tutta la letteratura seccessiva, è considerato "I delitti della via Morgue" di Edgar Allan Poe, dove Auguste Dupin, investigatore dilettante dalle eccezionali capacità deduttive. Nei Delitti della via Morgue egli si reca sul luogo del crimine e compie un attento sopralluogo, ma nel racconto successivo, "Il mistero di Marie Roget", riuscirà a risolvere il caso senza neppure recarsi sul luogo del crimine, ma semplicemente facendosi un'idea attraverso le cronache dei giornali. L'ultimo racconto dove compare Dupin è "La lettera rubata", terzo poliziesco di Poe.Il giallo più venduto al mondo
Il best-seller del giallo è ritenuto "Dieci piccoli indiani" di Agata Christie, le cui opere, complessivamente, hanno superato il miliardo di copie vendute nel mondo. Secondo le stime dei ricercatori della Editors of Publications International, Dieci piccoli indiani dovrebbe aver superato 100 milioni di copie vendute.Il giallo e la censura fascista
Negli anni del ventennio, furono più d'uno gli interventi del governo mussoliniano che condizionarono le sorti del romanzo giallo. Il primo fu nel 1931, quando il regime obbligò gli editori a pubblicare almeno il 15% di autori italiani, così da equilibrare l'"invasione" di autori stranieri, di cui erano piene collane editoriali molto popolari come, appunto, quella dei Gialli Mondadori nata nel 1929. Avvenne così che numerosi autori italiani si cimentarono nel romanzo giallo, e anche autrici come Magda Cocchia Adami.Il secondo pesante intervento del regime fascista è datato 1937, quando arrivò addirittura ad imporre per legge che, nei gialli di produzione nazionale, "l'assassino non doveva essere assolutamente italiano e non poteva sfuggire in alcun modo alla giustizia".
Infine, nel 1941 l'intrusione più forte, la censura definitiva: prendendo come giustificazione un caso di cronaca vera, dove alcuni adolescenti avevano ucciso giustificandosi di voler emulare proprio un racconto giallo, il Minculpop (il ministero della Cultura Popolare) emise un provvedimento di chiusura delle collane editoriali dedicate al giallo e il ritiro e la distruzione di tutti i libri gialli sul territorio nazionale.
Elementare, Watson!
L'espressione più popolare attribuita a Sherlock Holmes è certamente "Elementare, Watson!" ("Elementary, my dear Watson"), adoperata dal famoso investigatore nel momento in cui illustra all'amico e collaboratore come si sono svolte davvero le cose, quale sia la soluzione di un caso.Eppure questa frase nei romanzi di Arthur Conan Doyle non compare mai. Si tratta di una invenzione nata negli adattamenti teatrali successivi e poi diventata universalmente famosa grazie al cinema e in televisione dove i personaggi di Holmes e Watson ci sono stati serviti in mille modi.
Nelle pagine scritte da Conan Doyle troviamo il termine "Elementare", che Holmes usa rispondendo a una domanda di Watson, solo in pochi casi: due volte nel primo romanzo "Uno studio in rosso", una volta nel secondo romanzo "Il segno dei quattro", una volta nel racconto "L'uomo deforme", appartenente alla raccolta del 1894 "Le memorie di Sherlock Holmes".
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